Giurie

CI VEDIAMO ALLA FINE DEL MONDO di Antonio G. Bortoluzzi

mercoledì, 14 Dicembre 2011

– Che cosa sta facendo?

– Angio… mmm, buone.

– Ma quante pizzette s’è infilato in bocca?

– Attro.

– Quattro? Ma come si permette!

– Vevo fame.

– Per favore, se ne vada, prima che arrivi qualcuno.

– Non me ne vado, no.

– Senta, di là c’è la premiazione, e con il rinfresco abbiamo già avuto un sacco di problemi.

– Tu hai problemi? Ma senti un po’.

– Io non capisco chi è lei e nemmeno cosa vuole, ma deve uscire di qui. Immediatamente.

– Neanche per sogno. Adesso mangio e me ne sto un po’qui: mi piace guardarmi attorno. Magnifico.

– Ma lei chi è?

– Edicesimo.

– Per favore non parli con la bocca piena. E guardi che ha della salsa sul mento.

– Sono il tredicesimo finalista.

– Ma sono dodici.

– Appunto, ma avrebbero potuto essere tredici, no? oppure avrei potuto esserci io tra i dodici. Buona questa pasta sfoglia. Dov’è il vino?

– Adesso basta. Lei non è normale.

– Vuoi dire che sono squinternato, sbalestrato, disturbato? È vero, squisitamente vero. Ma c’è un motivo: t’immagini uno che scrive un romanzo, non un raccontino azzeccato, che quello magari con un po’ di fortuna…

– Deve uscire di qui.

– Ma un romanzo, come quelli veri, di duecentoventitré cartelle in corpo dodici e questo signor qualcuno lo scrive bene, stando attento alla psicologia dei personaggi, all’intreccio, alla lingua e senza perdere di vista il centro della storia: e poi le revisioni. Sette revisioni. Ad agosto dell’anno scorso, ero sotto l’ombrellone con le pagine che mi accecavano, e i bambini intorno che facevano casino e io…

– Abbassi la voce.

– D’accordo. Cosa c’è in quelle coppette con il cucchiaino di plastica trasparente?

– Ma lasci perdere. Lei ha partecipato al premio?

– E mi hanno fatto fuori.

– Mi spiace.

– A chi lo dici. Quando non mi sono visto sulla home page ho quasi pianto dal nervoso e mi è scappata una bestemmia a mezza voce. C’era mia figlia che faceva i compiti di matematica sul tavolo e fissandomi negli occhi mi ha chiesto: Che hai papà? io ho minimizzato, allora mi ha chiesto se poteva fare una pausa e guardare il dvd delle Winx. Mentre andava alla tele mi ha detto che le sue compagne di scuola l’avevano cacciata dal Winx club, e io non sono riuscito nemmeno a consolarla, stavo lì ipnotizzato a guardare la pagina, leggendo e rileggendo i titoli dei romanzi finalisti e alcuni erano insulsi, ma insulsi forte.

– Senta signor… non so nemmeno il suo nome. La imploro, esca. No! Non si azzardi a toccare il vino.

– Ne ho tutto il diritto. È un festa, no?

– Cazzo! Ha macchiato la tovaglia!

– Scusa, non ho fatto apposta. Toh, ci mettiamo sopra il vassoio. Ecco fatto. Però stasera non sono così a terra. Sarà per un’altra volta, mi dico.

– Ci sarà sicuramente un’altra occasione.

– Sai che io, in realtà, non voglio scrivere? Cioè, vorrei essere uno scrittore, e magari fare il colpo gobbo, azzeccare un vero best seller, tipo Il giovane Holden, che il titolo vero è The Catcher in the… qualcosa, e poi sparire come Salinger. Farmi gli affari miei, andare a passeggio con il mio cane: si chiama Jack, come London, come Kerouac. Insomma, per me scrivere è una faticaccia, e non so se mi piace così tanto. Quello che voglio di sicuro è fare lo scrittore, con gli autografi, le presentazioni, le ragazze, vabbe’ signore, non sono nemmeno io di primo pelo. E mi piace raccontare delle cose che ho scritto: tipo dove mi è venuta in mente quella scena, a chi mi sono ispirato per quel dialogo.

– Finisca quel vino e se ne vada!

– Salute. Lo sai che una volta ho perfino sognato di vincere? Ho sognato che ero premiato e tutti applaudivano e era bellissimo. Avevano letto un brano che avevo scritto diciotto mesi prima, e tutti, nella sala, lo ascoltavano in silenzio. Ero estasiato e felice e mi sembrava che non sarei mai morto. Nel sogno baciavo tutti i giurati e anche quelli del comitato di lettura e loro mi davano pacche sulle spalle e mi sorridevano. Mi hanno chiesto di dir qualcosa al microfono e io me ne sono uscito con la faccenda del cane.

– Del cane?

– Sì. Pressappoco ho detto: io vorrei essere un cane, vorrei scrivere come un cane, avere i sui denti bianchi e il suo istinto e infilare il muso dappertutto, merda compresa; perché tutti gli odori sono buoni e interessanti per il cane e io cerco di essere così, essere un animale e infilarmi ovunque, in tutte le storie e annusarle e morderle e sbavarle e…

– Intanto si è infilato al rinfresco.

– Pensa se venivano tutti i trecentosettantadue partecipanti. E lasciami il braccio, grazie.

– E tutti volevano raccontare a me la loro storia.

– Ma tu sei dell’organizzazione?

– Sì, gran parte del catering l’ho preparato io.

– Complimenti. Tutto quello che ho assaggiato è eccellente.

– Grazie. Mi sono alzato presto stamattina. Ha provato il vol-au-vent ai porcini?

– No.

– Prenda.

– Mmm, delizioso. È come infilare il naso nel sottobosco e respirare. Sento il muschio, le foglie, la corteccia marcia degli alberi e Generale di De Gregori: Dietro la collina non c’è più nessuno solo aghi di pino e silenzio e funghi buoni da mangiare, buoni da seccare, da farci il sugo quando viene Natale…

– Ssst! La smetta di cantare. Vuol farmi licenziare?

– Scusa, mi sono lasciato andare.

– Davvero ha sentito tutto questo nei miei vol-au-vent?

– No, però mi sono immaginato che ci doveva essere qualcosa di più. C’è sempre qualcosa in più.

– Si sente che lei è un po’ scrittore.

– Come un po’ scrittore? Vuoi attaccar briga?

– Intendevo dire che è bravo, che ci sa fare con le parole…

– Se fossi davvero bravo sarei di là con i fenomeni. Senti che razza di applausi. E ridono, anche. Che cazzo avranno da ridere?

– Lei è simpatico, però adesso deve uscire.

– D’accordo. Solo una cosa, lei legge?

– Certo che so leggere, per chi mi ha preso.

– Intendo libri.

– Due anni fa ho letto un libro sui maya e sul 2012 che viene la fine del mondo. Ma poi mi sono stufato a leggere di disgrazie. Però ho capito che i maya avevano previsto tutto.

– Mi hai fatto venire in mente che potrei scrivere un romanzo su uno scrittore, uno un po’ sfigato, tipo Arturo Bandini, che finalmente nel 2012 vince il premio Calvino e la sera stessa viene la fine del mondo. Aspetta: mi vedo Torino squarciata con l’acqua che entra in piazza Vittorio e sale per via Po e le mummie del museo egizio che galleggiano serafiche come gondole a Venezia…

– Cazz… stanno arrivando. Di là, via, presto!

– Sì sì, vado. Grazie. E complimenti per il catering. Mi metto subito a lavorare al nuovo romanzo. Ci vediamo, ci vediamo alla fine del mondo!