Giurie

DA QUI A CENT’ANNI di ANNA MELIS

venerdì, 24 Febbraio 2012

Al paese ci sono nato come una taschedda di patate scaricata sull’uscio da Ines Todde il mercoledì pomeriggio che passava con la mercanzia, e che mamma si era scordata di avvisare che non voleva più niente.
Abitavamo in mezzo ai monti, in un paese oggi scomparso. Mamma non era tutta tutta isolana, i parenti di babbo erano del Nuorese. Io nacqui mentre Graziano era via. Quando tornò e mi vide, acconchigliato al seno di mamma come una capra che lecca il sale, mi guardò come poteva guardarmi dopo essere stato tredici mesi sul Supramonte appresso al gregge. Senza stupore e con l’animo aspro, l’ennesimo agnello partorito sull’erba. E sin da subito mise in chiaro che tra noi era lui il cane pastore.
Babbo non capì mai fino in fondo di che pasta fosse fatto Graziano, e per questa cosa mio fratello si dannò l’anima.
“Finiscila, Graziano, finiscila: che pari avere il demonio dentro” . Così gli diceva qualsiasi cosa facesse, e Graziano, che di babbo non aveva paura, rispondeva: “Sono io che sto dentro al demonio, non il demonio che sta dentro di me”. Babbo lo menava con facilità, e un po’ ci credeva a quelle parole, perché quella lingua aveva solo diec’anni, i diec’anni più chiacchierati da tutto su bighinadu, di cui mamma andava nascostamente fiera. Finchè un
giorno Graziano mise la testa a posto, e sostituì alla balentia la misericordia per il genitore. Ma questo avvenne a fatica, troppo tardi per annegare il fuoco che gli rosicava il petto ed estirpargli l’impertinenza di montare la vita come montava a cavallo: senza sella e strattonando le redini.